Oggi Silvia Romani ci accompagnerà in un percorso per lavorare sulle nostre energie attraverso la pratica di tre mudrā per l’autunno, la stagione che stiamo vivendo.
L’Autunno è una stagione di transizione.
Durante l’estate abbiamo avuto l’opportunità di raccogliere quanto la Terra aveva da offrirci, ora è arrivato il momento di restituire alla Terra in modo che possa crearsi nuova energia attraverso la trasformazione. Le foglie cadono dagli alberi, ricordandoci che non possiamo essere sempre carichi di energia e che arriva il momento di lasciar andare. Una volta cadute a terra, le foglie serviranno da concime per la nascita di qualcosa di nuovo. Lasciar andare significa, dunque, anche creare spazio per favorire il nuovo.
Nella medicina ayurvedica gli organi associati all’autunno, sharad ritu, sono i polmoni e l’intestino crasso, due organi di scambio, che prendono dall’esterno, conservano ciò che serve ed eliminano ciò che è inutile o addirittura dannoso.
Anche da un punto di vista più emotivo l’autunno ci invita a interiorizzare quanto di notevole viviamo e a lasciar andare tutte le emozioni che ci appesantiscono o ci legano al passato.
Silvia ci propone tre diverse mudra che rappresentano i tre passi che possiamo compiere dentro di noi per trasformare la nostra energia e sentirci meglio.
Prithvi mudrā – radicarsi per cambiare, perché senza radici non si vola.
Pūṣan mudrā – elaborare per digerire, perché si possa trarre insegnamento da ciò che ci accade.
Trimurti mudrā – chiudere per riaprire, perché ogni fine è un nuovo inizio.
Scopriremo le tre mudrā una alla volta, da oggi fino a dicembre, per poter lavorare con ciascuna al ritmo personale e sentirne i benefici profondi.
Il primo passo in questo percorso, che segue i ritmi e le regole della natura, sarà quello di trovare il proprio centro stabile, le proprie radici.
Prithvi mudrā – radicarsi per cambiare, perché senza radici non si vola
In sanscrito Prithvi significa vasto e indica la terra. Questo gesto, che potremmo chiamare anche sigillo del radicamento, è collegato alla nostra dimensione più concreta, quella terrena, dell’esistenza. Essendo legato alla Terra ci radica e ci riporta a quanto di più stabile e solido ci sia. Il simbolismo associato al dio Prithvi, dio vedico degli antenati, rafforza queste caratteristiche.
Il dio Prithvi ci ricorda che la morte è una parte naturale del ciclo della vita. I resti di organismi si decompongono per nutrire la terra e far crescere una nuova vita. Prithvi rappresenta anche la forza che si acquisisce dalla sapienza e dalla scienza, energie che ci hanno lasciato i nostri antenati e che noi lasceremo a chi verrà dopo di noi.
Supporta il corpo fisico connettendolo con la Terra stessa. Il suo effetto è quello di permetterci di radicarci per poter poi volare, secondo il principio del drago e della fenice. Il drago, che rappresenta le pulsioni e le forze più profonde, va verso il basso e scava per permetterci di conoscere il nostro potenziale e il nostro potere. La fenice risorge dalle ceneri per volare.
Tecnica: unire la punta del dito anulare alla punta del dito pollice.
Durata: quanto si desidera.
Benefici: agisce su ossa, cartilagine, pelle, capelli, muscoli, tendini e organi interni. Costruisce e rinvigorisce tali tessuti. Aiuta ad aumentare la massa corporea e dunque la forza, alza le difese immunitarie. Porta più energia, stabilità esteriore, ma anche interiore, sicurezza e controllo. Essendo legata all’elemento terra, questa mudrā lavora sulla forza vitale.
Scopri il potere delle mudrà, nell’articolo di Silvia Romani “Mudrà: risvegliare l’energia con lo yoga delle mani”. Scopri il libro “Le mie mudrā”.